don Giacomo Regensburger

(1864-1948)
 
 

Monsignore e presidente federale dal 1922 al 1926, voce della corrente confessionale, che prevalse nel dibattito all’interno della Federazione dei Consorzi Cooperativi (la futura Federazione Trentina della Cooperazione). La sua vita religiosa si intrecciò sempre indissolubilmente con quella di cooperatore.

Giacomo Regensburger nacque a Predazzo nel 1864 in una famiglia di umili origini. Appoggiato da un notaio del posto, rilevata la sua intelligenza e costanza, riuscì a compiere gli studi superiori a Trento e fu ordinato sacerdote nel 1889. Si trasferì prima a Vigo di Fassa, poi a Marco di Rovereto; da allora fu attivo assieme ai pionieri della cooperazione trentina Celestino Endrici, don Lorenzo Guetti, don Giovanni Battista Panizza ed Emanuele Lanzerotti, con i quali fu protagonista dello strutturarsi del movimento cooperativo e delle sue istituzioni. Durante la sua prima esperienza di curato a Marco di Rovereto contribuì a fondare la cassa rurale e ne fu direttore, partecipò anche alla fondazione della federazione dei consorzi cooperativi della parte italiana della provincia, Promosse la Cassa Rurale di Lizzana e la famiglia cooperativa a sacco.

Dopo il congresso di Mori del 1899 entrò nel consiglio della Federazione dei Consorzi Cooperativi e fu consigliere e poi presidente dal 1922, a seguito della morte improvvisa di Emanuele Dalponte. Erano gli anni di diffusione delle teorie Socialiste anche in Trentino, alle quali don Regensburger si oppose strenuamente come attore di primo piano del movimento cooperativo di stampo confessionale, in opposizione alla corrente neutralista. Favorì, infatti, la nascita della Banca cattolica trentina, a discapito del Banco di San Vigilio.

Così diceva, come riportato da Corradini, rispetto alla minaccia delle idee socialiste:
Si mirava a occupare il posto, a prendere le redini in mano, a dirigere le masse per salvare nel popolo la fede religiosa Cattolica. E giungemmo in tempo, sì che i socialisti trovarono già tutto organizzato in mano dei cattolici. I loro tentativi, non dirò di strapparci l'opera nostra, ma di infiltrarsi nelle nostre file non riuscirono: nel Trentino si accorsero di essere arrivati in ritardo. (...)

In merito al prevalere dell’approccio confessionale:
Non mancarono le critiche, e non solo degli avversari, ma anche di tanti buoni, che nel confessionalismo vedevano quasi un'offesa alla carità cristiana; ma l'esperienza venne a darci ragione: difatti in due o tre società, nelle quali si era rilassato questo spirito, nacque una tale discordia, che le costrinse alla liquidazione. La lotta sostenuta in difesa del nuovo indirizzo durò circa 4 anni; poi gli avversari ammutolirono quasi per incanto, quando videro sorte le istituzioni centrali, cioè la Banca Cattolica, la Banca Industriale, la Federazione dei Consorzi economici, la Cassa Malati e il Sindacato agricolo industriale, enti tutti che facevano capo al COMITATO DIOCESANO affluendovi come sangue al cuore. Allora la critica piccina cessò, si spuntarono tutte le armi e i nostri uomini dirigenti, come le cose nostre, finirono a meritarsi la stima e l'ammirazione di tutti, anche degli avversari onesti.

Dal 1901 si trasferì a Storo e poi a Condino, dove continuò la sua opera di promozione e costruzione di organismi cooperativi locali e contribuì alla ricostruzione e al rafforzamento dell’organizzazione cooperativa dopo la prima guerra mondiale. Nel 1921 fu canonico ad honorem del Duomo di Trento e decano a Pergine e dal 1922 presidente della Federazione; il suo ruolo fu sempre caratterizzato dall’approccio moralizzatore rivolto ai cooperatori. Per lui la questione sociale era innanzitutto una questione morale e il cooperativismo non era questione di bottega, ma di “opera reciproca al bene reciproco”.

Al suo insediarsi come presidente si rivolse ai cooperatori attraverso il Bollettino della Federazione con queste parole:
La cooperazione è un'arma è l'arma suppone il soldato e al soldato è imposto il sacrificio. Rimettiamoci in onore la causa della cooperazione e ribattezziamola Causa Santa: entriamo nello spirito della Chiesa che ci invita a riformare lo spirito nei nostri organismi, pensiamo che il nostro sacrificio, oltre che essere già un premio a se stesso, avrà anche la ricompensa presso Dio.

Nonostante le sue posizioni antiliberali e antisocialiste, venne destituito con l’affermarsi del fascismo, e la Federazione commissariata. Furono anni difficili per la società trentina: il fascismo si inserì in ogni settore ed anche in quello cooperativo, dapprima con intimidazioni alle singole cooperative sul territorio e poi con una vera e propria repressione degli organismi di rappresentanza.

 
 

Per approfondire:

• Corradini Fortunato, Mons. Giacomo Regensburger, Trento, Scuola Tipografica Arcivescovile Artigianelli, 1951
Mons. Giacomo Regensburger. Nel XXV° della morte. Predazzo 1864–Canale di Pergine 1948, Trento: s.d., 1973
• Comitato per le onoranze, Mons. Giacomo Regensburger. Arciprete- Decano a Pergine: 1921-1946, 1973, pp.28
• Renzo Tommasi, La vita e le opere dell’apostolo e del cooperatore mons. Giacomo Regensburger, Federazione Trentina della Cooperazione - Fondazione Museo storico del Trentino, Trento, 2013