Bene comune


Un modo semplice, ma efficace, di afferrare il significato di bene comune è quello di porlo a confronto col concetto di bene totale. Mentre il bene totale può essere metaforicamente reso con l’immagine di una sommatoria, i cui addendi rappresentano i beni individuali (o dei gruppi sociali di cui è formata la società), il bene comune è piuttosto paragonabile ad una moltiplicazione, i cui fattori rappresentano i beni dei singoli individui (o gruppi).

Immediato è il senso della metafora: in una sommatoria se anche alcuni degli addendi si annullano, la somma totale resta comunque positiva. Anzi, può addirittura accadere che se l’obiettivo è quello di massimizzare il bene totale (ad es. il PIL nazionale) convenga “annullare” il bene (o benessere) di qualcuno a condizione che il guadagno di benessere di qualcuno altro aumenti in misura sufficiente per più che compensarlo. Non così, invece, con una moltiplicazione: l’annullamento anche di un solo fattore azzera l’intero prodotto.

Detto in altri termini, quella del bene comune è una logica che non ammette sostituibilità (ovvero trade-off): non si può sacrificare il bene di qualcuno – quale che ne sia la situazione di vita o la configurazione sociale – per migliorare il bene qualcun altro e ciò per la fondamentale ragione che quel qualcuno è pur sempre una persona umana!

Per la logica del bene totale, invece, quel qualcuno è un individuo, cioè un soggetto identificato da una particolare funzione di utilità e le utilità – come si sa – si possono tranquillamente sommare (o confrontare), perché non hanno volto, cioè identità, né storia.

Qual è il “nemico” del bene comune? Per un verso, chi si comporta da “scroccone” (free rider), chi cioè vive sulle spalle altrui; per l’altro verso, chi si comporta da altruista puro, quello cioè che annulla il proprio interesse per favorire l’interesse degli altri. Entrambi i comportamenti non alimentano il bene comune, sia pure per motivi diversi e con conseguenze diverse. Né l’egoismo puro né l’altruismo puro sono in grado di rendere sostenibili – da soli – un ordine sociale di umani. Qual è l’“amico” del bene comune? Il comportamento ispirato al principio di reciprocità. Il principio di reciprocità suona così: “Ti do liberamente qualcosa affinché tu possa a tua volta dare, secondo le tue capacità, ad altri o eventualmente a me”.

Al contrario, il principio dello scambio di equivalenti recita: “Ti do qualcosa a condizione che tu mi dia in cambio l’equivalente di valore”. Mentre il principio di reciprocità postula la proporzionalità, il principio dello scambio postula l’equivalenza.